“Compito del counselor è quello di assistere il cliente nella ricerca del suo vero sé e poi di aiutarlo a trovare il coraggio di essere quel sé”.
(L’arte del Counseling, 1989).
Rollo May, oltre ad essere medico, fu anche analista didatta. Supervisore all’Institute of Psychiatry, Psychoanalysis, Psychology. È considerato il padre della psicologia esistenzialista americana. Autore di numerose opere, pubblica “L’Arte del Counseling”, ove descrive gli aspetti fondamentali del processo di Counseling, distinguendo quattro fasi: prendere contatto, stabilire il rapporto, confessione del disturbo e interpretazione.
La fase conclusiva del superamento del problema, la vera trasformazione della personalità, spetta solamente al Cliente: il Counselor può solo guidarlo, con empatia e rispetto, a ritrovare la libertà d’essere se stesso.
Fare counseling e dare consigli sono due funzioni nettamente distinte. Il consiglio è un rapporto a senso unico. Il vero counseling opera in una sfera più profonda, e le sue conclusioni sono sempre il risultato del lavoro congiunto di due personalità che lavorano allo stesso livello.(May, 1991).
Ciò richiede una profonda empatia, la comprensione del carattere e delle tensioni interne della personalità, la capacità di accettare e rispettare gli altri senza falsi moralismi, l’umiltà di non imporre le proprie scelte di vita.
Il compito del counselor è quello di favorire lo sviluppo e l’utilizzazione delle potenzialità del cliente, aiutandolo a superare quei problemi di personalità che gli impediscono di esprimersi pienamente e liberamente nel mondo esterno.
Fondamentale è il concetto di personalità nell’ottica di Rollo May : “Il compito del counselor è quello di favorire lo sviluppo e l’utilizzazione delle potenzialità del cliente, aiutandolo a superare quei problemi di personalità che gli impediscono di esprimersi pienamente e liberamente nel mondo esterno. “ (May, 1991).
La ricerca contemporanea sulla personalità tiene conto non soltanto degli aspetti caratteriali, ma anche di quelli temperamentali e neurobiologici.
Le formulazioni neurobiologiche e biopsicosociali hanno destato un notevole interesse e hanno portato ad una considerevole quantità di ricerche.
Cloninger et al. (2000) hanno descritto la personalità come la sintesi tra carattere e temperamento, dove per temperamento s’intendono le influenze e costituzionali esercitate sulla personalità, mentre il termine carattere si riferisce alle influenze apprese tramite il processo di socializzazione.
Secondo Cloninger dunque nel suo modello biosociale la personalità è composta dai seguenti sette fattori:
temperamento |
carattere |
1. ricerca di novità | 1. gestione del sé |
2. evitamento del danno | 2. cooperatività |
3. dipendenza dalla ricompensa | 3. senso dell’esistenza |
4. persistenza |
Cloninger sostiene che gli stili di personalità sono riconducibili alla combinazione tra i fattori temperamentali e punteggi positivi o elevati nei tre fattori caratteriali. Al contrario i disturbi di personalità deriverebbero da punteggi negativi o bassi dei fattori caratteriali.